Scozia indipendente, Gb: "Londra non impedirà che ci sia un referendum"

www.ilgiornale.it

Il governo britannico non bloccherà alcun referendum sull’indipendenza della Scozia: lo ha dichiarato il Sottosegretario per gli affari scozzesi, Michael Moore, che ha escluso ogni ricorso costituzionale in materia e sottolineato che la decisione su ogni vincolo legato al quorum è di competenza dell’elettorato scozzese. L’ipotesi di un referendum che revochi l’Act of Union del 1707 è più che probabile, dopo che giovedì lo Scottish National Party (Snp) ha conquistato una vittoria storica nelle elezioni al Parlamento scozzese, ottenendo per la prima volta la maggioranza assoluta dei seggi. Come riporta il sito della Bbc, l’Snp - che già guidava un governo regionale di minoranza - ha ottenuto 69 deputati su 129 contro i 37 del Labour - peggior risultato degli ultimi ottant’anni - i 15 dei Conservatori e i cinque dei Liberal-Democratici, considerati grandi perdenti dello scrutinio (e non solo in Scozia). L’Snp ha quindi una maggioranza sufficiente per chiedere lo svolgimento di un referendum sull’indipendenza: non a caso il premier conservatore David Cameron si è complimentato con Salmond assicurando di voler «fare campagna per tenere insieme il Regno Unito». Secondo i nazionalisti scozzesi le risorse petrolifere ed energetiche disponibili consentirebbero di finanziare la spesa pubblica assicurando un tenore di vita simile a quello di altri Paesi nordici quali Svezia o Norvegia; solo la metà delle riserve stimate di greggio del Mare del Nord - sul quale la Scozia per convenzione internazionale ha la giurisdizione al di sopra del 55esimo parallelo - sarebbe infatti stata estratta e il rimanente potrebbe sostenere una popolazione di circa 5 milioni di persone. Un rapporto del governo britannico risalente al 1975 e che giungeva alle stesse conclusioni venne tenuto segreto per trent’anni e diffuso solo grazie alla Legge sulla Pubblica informazione del 2005; per gli unionisti invece non ci sarebbero abbastanza soldi, il deficit si aggirerebbe far i sei e gli undici miliardi di sterline e la Scozia sarebbe costretta a imporre tasse pesanti che allontanerebbero gli investimenti esteri. Da notare che da un punto di vista culturale e politico cambierebbe sostanzialmente poco: la Scozia ha sempre conservato i propri sistemi giuridici e di istruzione, nonché la religione presbiteriana; inoltre, come accade per altri Paesi del Commonwealth, il monarca britannico rimarrebbe comunque Capo dello Stato (e della Chiesa di Scozia).